Luciano, di origine siriana, visse nel secondo secolo d.C. nel periodo imperiale. Il suo ingegno filosofico consisteva nel servirsi della filosofia per liquidare la filosofia stessa. Di qui il ruolo preminentemente distruttivo che assume il suo filosofare; quando poi si tratta di edificare sistemi alternativi a quelli aborriti, egli rivela una totale incapacità di proporre alternative valide.
Fu scrittore assai fecondo in diversi generi di prosa: gli sono attribuite un'ottantina di opere tra saggi, discorsi, dialoghi, lettere, racconti fantastici dove risaltano la sua grande abilità di scrittura e il suo spirito caustico e dissacrante. Richiamiamo, in particolare, due opere, l'Icaromenippo, e la Storia vera.
Nell'Icaromenippo, Luciano descrive un suo immaginario e fittizio viaggio tra i pianeti, fino a Giove, usando le ali tagliate ad un'aquila e ad un avvoltoio. Questo viaggio ha lo scopo di ridicolizzare con evidenti falsità le diverse opinioni dei filosofi riguardanti l'Universo, la sua finitezza o infinità, la sua struttura ecc.
... Vedendomi adunque così smarrito, io pensai che avrei potuto apprender tutto dai filosofi; perchè credevo che essi dovessero sapere e dirmi la verità. E però avendo scelti i migliori tra essi, ... io mi misi nelle mani loro; e mediante una buona somma di danari, che parte anticipai, parte promisi dare quando m'avesser fatto filosofo, credetti dover imparare e ragionare di tutte le cose celesti, e dell'ordine dell'universo. Fattostà invece di sciogliermi da quella mia ignoranza, mi avvilupparono in maggiori incertezze, empiendomi il capo ogni giorno di principii, di fini, di atomi, di vuoto, di materia, d'idee, e di altre frasche. ... Tra tutti questi dubbi, disperando di poter sapere la verità su la terra, mi persuasi che una sola via vi sarebbe per uscire di quell'affanno, se io stesso volando andassi in cielo. E mi dava qualche speranza il gran desiderio che n'avevo, ed Esopo che nelle sue favole ci conta come aquile e scarafaggi e camelli ancora seppero trovare per dove si va in cielo. Ma perchè vedevo che l'ali non mi nascerebbero mai, pensai di appiccarmi le ali d'un avoltoio o di un'aquila, le sole proporzionate al corpo d'un uomo, e così tentare una pruova.
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La Storia vera
Forse il primo romanzo di fantascienza. In essa Luciano chiarisce da subito i contenuti dello scritto dichiarando che una cosa sola era vera: che nulla di quanto raccontato era vero. Nonostante questo, lo stile è quello di un romanzo che tratta di cose realmente avvenute. Luciano aveva un intento polemico, con lo scopo di criticare gli storici dell'epoca che tendevano a "mitizzare" i loro racconti storici, aggiungendo dettagli esagerati per creare maggiore interesse (alla ricerca di uno "scoop").
"La Storia vera" abbonda di dettagli incredibili, surreali, inverosimili, proprio per mettere in evidenza il fatto che anche nelle cronache, che dovrebbero essere oggettive, si tende a lasciarsi prendere la mano, abbandonandosi a fantasie spropositate. Attraverso una serie di peripezie, l'autore con cinquanta compagni, raggiungono la Luna. In questo racconto sembra superata la concezione divina della luna, che viene considerata un pianeta simile alla terra. Sbarcati sulla superficie lunare, Luciano e i suoi compagni sono catturati dagli ippogrifi e portati al cospetto del re selenita Endimione, che era impegnato in una guerra contro gli abitanti del Sole. Vengono altresì descritti gli abitanti della Luna con ricchi e fantasiosi particolari.
... vedemmo una gran terra nell'aere, a guisa d'un'isola, lucente, sferica, e di grande splendore. Avvicinatici ed approdati scendemmo: e riguardando il paese, lo troviamo abitato e coltivato. Di giorno non vedemmo niente di là; ma di notte ci apparvero altre isole vicine, quali più grandi, quali più piccole, del colore del fuoco, e un'altra terra giù, che aveva città, e fiumi, e mari, e selve, e monti: e pensammo fosse questa che noi abitiamo. Avendo voluto addentrarci nel paese fummo scontrati e presi dagl'Ippogrifi, come colà si chiamano. Questi Ippogrifi son uomini che vanno sopra grandi grifi, come su cavalli alati: i grifi sono grandi, e la più parte a tre teste: e se volete sapere quanto son grandi immaginate che hanno le penne più lunghe e più massicce d'un albero d'un galeone. Questi Ippogrifi adunque hanno ordine di andare scorrazzando intorno la terra, e se scontrano forestieri, di menarli dal re: onde ci prendono e ci menano a lui. Il quale vedendoci e giudicandone ai panni, disse: Ebbene, o forestieri, siete voi Greci? E rispondendo noi di sì, E come, ci dimandò, siete qui giunti, valicato tanto spazio d'aria? Noi gli contammo per filo ogni cosa; ed egli ci narrò ancora de' fatti suoi, come egli era uomo, a nome Endimione, e come una volta mentre ei dormiva fu rapito dalla nostra terra, e venne quivi, e fu re del paese. Questa, diss'egli, è quella terra che voi vedete di laggiù e chiamate la Luna.