Anche i filosofi, entusiasti per le nuove scoperte fatte con l'invenzione del telescopio, si dedicano con impegno all'osservazione degli astri e la maggior parte di loro si sente istintivamente portato verso l'idea dell'abitabilità della Luna, del Sole e dei pianeti.
In Francia, il consigliere reale Pierre Borel, scrisse un curioso trattato sulla pluralità dei mondi esaminata dal punto di vista della scienza del periodo. Il suo titolo è: Nuovi Discorsi che provano la pluralità dei mondi; che gli astri sono terre abitate e la Terra è una stella; che la Terra è al di fuori del centro del mondo, nel terzo cielo; e ruota attorno al Sole che è fisso; e altre cose molte curiose. É uno dei primi trattati copernicani, pubblicati a Ginevra nel 1657, ma redatto nel 1648. In esso si racconta di relazioni sulle cose che sono nella Luna, dopo Galileo e su ricerche sul mezzo con il quale si potrebbe scoprire la pura verità sulla pluralità dei mondi: questo mezzo è la navigazione aerea e l'osservazione aerostatica!
Lettore abbastanza attento della produzione scientifica del suo tempo, introduce una serie di prove della pluralità dei mondi che sfruttano in vario modo l'analogia tra la Terra e la Luna per estenderla agli altri corpi celesti e per dedurre l'esistenza di altre somiglianze dalla presenza di una costituzione fisica simile (entrambe sono corpi opachi, dotati di montagne, di mari, ecc.). Un'altra prova è basta sul fatto che i corpi celesti sarebbero vani se fossero sterili e infine la pluralità, anzi l'infinità, dei mondi è più conveniente alla gloria e alla bontà divine. [tratto dal testo di Antonella del Prete]
Le opere più importanti di Cyrano de Bergerac sono considerate i suoi romanzi fantastici, ritenuti precursori dell'odierna fantascienza: L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna (L'autre monde ou Les ètats et empires de la lune, pubblicato postumo nel 1657), probabilmente il suo capolavoro, e Gli stati e imperi del sole (Les ètats et empires du soleil, pubblicato postumo nel 1662). Si tratta di racconti fantastici, estremamente vivaci. Il racconto, nella più tipica e schietta prosa barocca, è quello di un viaggio meraviglioso, realistico e poetico, nei paesi della Luna e del Sole. È un pretesto per l'esposizione di ardite teorie filosofiche, scientifiche e religiose: il movimento della terra, l'eternità e l'infinità dei mondi, la costituzione atomica dei corpi, i principi fisici dell'aerostato ecc.
Letterato francese a cavallo tra il '600 e il '700 (1657-1757) fu eletto all'Accademia delle Scienze di Parigi. La sua opera più famosa, e suo capolavoro, è Entretiens sur la pluralité des mondes (1686), libro che ebbe un notevole successo e che fu tradotto in numerose lingue. In esso (ci si riferisce qui alla traduzione italiana del 1748, che non indica nessun traduttore esplicitamente), presenta ad una ipotetica marchesa la teoria copernicana con il Sole al centro dell'universo e la Terra in rotazione attorno ad esso. Popola, altresì, i pianeti di vita animale, vegetale e di abitanti. Ecco come la presenta: Hò introdotto in questi Ragionamenti una Donna, che viene ammaestrata, e che non hà giammai inteso ragionar di Fisica. Ho creduto che questa finzione gioverebbe ed a render l'Opera più capace di diletto, ed ad animare le Donne coll'esempio di costei, che non uscendo mai dai limiti di una persona, che non hà perizia alcuna di scienza, intende pure tutto ciò che le vìen detto, ed affetta ordinatamente; e senza confusione nella sua testa i Vortici, ed i Mondi. Perchè altre Donne vorrebbero elleno esser da meno di questa Marchesa immaginaria, che non comprende se non ciò, che non può far di meno di comprendere".
Nella sua presentazione al libro, scrive: " Avvertir mi giova coloro, che leggeranno questo Libro, e che hanno qualche cognizione della Fisica, che nel presentar loro in un modo alquanto più grato, e dilettevole, ciò ch'essi di già sanno più fondatamente, non ho preteso in verun conto istruirli, ma solamente divertirli; e che hò nondimeno creduto poter'istruire, ed in una divertire coloro, a' quali queste materie riescono nuove. I primi andranno contro la mia intenzione, se cercan quì l'utilità; e gli altri, se non vi ricercano che'l solo diletto ... Come io non ho preteso dì fare un Sistema in aria, e che non avesse verun fondamento, ho impiegato veri ragionamenti dì Fisica, e ne ho impiegati quanti ne ho creduti opportuni. Ma si trova per ventura in questo soggetto, che le idee dì Fisica vi sono per se stesse gustose; e che nel tempo, che soddisfanno alla ragione, danno pure alla immaginazione uno spettacolo, che la appaga, ed alletta, non meno che se fosse fatto a bella posta per essa".
Precisa inoltre: Non hò voluto cosa alcuna immaginare su gli Abitanti de' Mondi, che intieramente impossibile fosse, e chimerica. Hò procurato di dir quel tanto, che se ne potrebbe ragionevolmente pensare; ed anche le visioni, che vi hò aggiunte hanno qualche reale fondamento. Il vero, e'l falso sono qui insieme mischiati, ma in forma da poter sempre esser facilmente distinti. Non imprendo a giustificare un composto sì bizzarro: questo è il fatto più importante dell'Opera, ma questo è per l'appunto quello, di cui non posso render ragione.
Risponde alle possibili obiezioni: Non mi resta più in questa Prefazione, se non da parlare ad una sola sorte di persone, ma che saran forse le più difficili a contentare; non già perchè manchino buonissime ragioni da poter loro esser'addotte, ma perchè esse hanno il privilegio di non appagarsi, se non lo vogliono, di tutte le ragioni, che sono buone. Sono queste le persone scrupolose di cui intendo far parola: potrebbero queste immaginarsi, che vi fosse qualche pericolo per riguardo alla Religione, supponendo Abitanti altrove che sulla Terra. Io venero fino le delicatezze eccessive, che aver si possono su'l fatto della Religione, ed avrei rispettata anche questa, al segno dì non volerla offendere in questa mia Opera, se essa fosse contraria al mio sentimento. Ma quel che forse vi recherà maggior meraviglia, è che questa obbiezione non riguarda in niun conto questo Sistema, ove io riempio di Abitanti una infinità dì Mondi. Basta che si scacci via un piccolo errore d'immaginazione. Quando vi si dice che la Luna è abitata, voi subito vi rappresentate Uomini fatti come noi; e dopo, se siete un poco Teologo, eccovi ripieno dì difficoltà. La posterità di Adamo non hà potuto stendersi sino nella Luna; nè inviar Colonie in quel Paese. Gli Uomini, che sono nella Luna, non sono dunque Figli di Adamo. Or sarebbe d'un grande imbroglio nella Teologia, che vi fossero Uomini, che da lui non discendessero. Non occorre dirne di vantaggio, tutte le difficoltà immaginabili si riducono a questa, ed i termini, che si converrebbe impiegare in una lunga spiegazione, sono pur troppo degni di ossequio per esser posti in un Libro sì poco serio come questo. L'obbiezzione cade adunque intieramente sù gli Uomini della Luna; ma sono quelli filosofi, che la fanno, che si compiacciono di porre Uomini nella Luna; io per me non vene pongo. Vi pongo Abitanti, che non sono Uomini. Che sono dunque? Io non gli hà veduti, e non è per averli veduti che ne parlo. Ne sospettate che sia un ripiego, di cui mi serva per eludere la vostra obbiezione, il dire che non vi sieno Uomini nella Luna; voi vedrete che è impossibile che vene sieno, secondo l'idea, che hó della varietà infinita, che la Natura deve aver posta nelle sue Opere. Questa idea chiaramente si manifesta in tutto il mio Libro, ne può esser da alcun Filosofo impugnata. Quindi io credo che far non mi si potrebbe questa obbiezzione se non da coloro, che parlar voglion di questi miei Ragionamenti senza averli letti. Ma è questo forse un'argomento da raffigurarmi? Non, certamente; anzi per la stessa cagione hò io pur troppo da tenere, che l'obbiezzione non mi sia fatta da molte persone. L'intera opera, nella sua traduzione italiana, è reperibile dal sito di LiberLiber.
Micromega: racconto filosofico scritto nel 1752. L'uomo non è più al centro dell'Universo. Vi si racconta di un gigante, Micromega, un extraterrestre filosofo di Sirio, che viene in contatto con gli esseri umani per mostrare la relatività dei punti di vista e la presunzione di ogni visione antropocentrica o geocentrica. L’essere umano, e il pianeta che egli abita sono ridotti a proporzioni infinitamente piccole in confronto ad esseri che provengono da altri pianeti. Micromega deve sdraiarsi per terra e tenere gli uomini sul pollice per parlar loro. Questi esseri che paiono così infimi al gigante sono dotati di pensiero. La loro fragilità farebbe pensare ad esseri felici che passano la vita a pensare e dunque ad amare, secondo la vera vita dello spirito. Il gigante interroga gli esseri umani su questa questione, ma viene subito disilluso: su questa piccola porzione di materia che è la terra, i piccoli “atomi pensanti” sono malvagi, per qualche “mucchio di fango in più” si fanno la guerra, dominati da “Cesari” e da “Sultani” che fanno sgozzare milioni di uomini per possedere quel mucchio di fango.
Il racconto si chiude con una caricatura delle diverse posizioni filosofiche del tempo, con le dispute tra i seguaci di Leibniz, di Cartesio, di Aristotele, i materialisti, gli atei sulle questioni della “materia”, dello “spirito”, della formazione delle idee. In estrema sintesi il pensiero di Voltaire rifiuta ogni tendenza ad elaborare sistemi razionali e coerenti sulla base di poche e dubbie osservazioni empiriche, col rischio di costruire sul vuoto. Al modo di procedere deduttivo e razionalistico, all’esprit de système Voltaire oppone la cautela critica e soprattutto il senso dei limiti assegnati all’umano conoscere, all’umano raziocinio. Accettare i limiti imposti all’umana ragione è per Voltaire posizione saggia, essa viene simbolizzata dal libro che Micromega scrive ad intenzione degli uomini, avendo promesso di rivelar loro i segreti dell'esistenza e dell'universo. Questo libro tanto atteso ha pagine bianche, per dimostrare che nella vita non ci sono verità che si possano precostituire, né verità assolute e che ognuno è responsabile del proprio cammino di ricerca.
Leopardi (1798-1837) non irrise mai alla scienza, alla tecnica e alle sue applicazioni. Il suo scherno colpisce invece l'illusione che l'applicazione delle nuove invenzioni possa, di per sé, aggiungere felicità allo stato dell'uomo. Una solida conoscenza scientifica, in particolare astronomica, si rivela in quasi tutte le sue opere e in particolare nelle Operette morali e nello Zibaldone. Leopardi scrisse, in età giovanile, una Storia dell'astronomia, nella quale evidenzia la sua adesione al copernicanesimo.
In quattro scene vediamo il Sole che si rifiuta di compiere il suo giro diurno attorno alla Terra, e poi Copernico che, trasportato a colloquio col Sole, ha l'incarico di convincere la Terra fino ad allora immobile al centro dell'universo, a mettersi a correre e a ruotare.
...Ma pensi vostra signoria illustrissima un poco più oltre, e vedrà nascere ancora un altro scompiglio. Che le stelle, vedendo che voi [il Sole] vi siete posto a sedere in trono; e che avete dintorno questa bella corte e questo popolo di pianeti; non solo vorranno sedere ancor esse e riposarsi, ma vorranno altresì regnare: e ... ci hanno a essere i sudditi: però vorranno avere i loro pianeti, come avrete voi; ciascuna i suoi propri. I quali pianeti nuovi, converrà che sieno anche abitati e adorni come è la Terra. E qui non vi starò a dire del povero genere umano, divenuto poco più che nulla già innanzi, in rispetto a questo mondo solo; a che si ridurrà egli quando scoppieranno fuori tante migliaia di altri mondi, in maniera che non ci sarà una minutissima stelluzza della via lattea, che non abbia il suo. Ma considerando solamente l'interesse vostro, dico che per insino a ora voi siete stato, se non primo nell'universo, certamente secondo, cioè a dire dopo la Terra, e non avete avuto nessuno uguale; atteso che le stelle non si sono ardite di pareggiarvisi: ma in questo nuovo stato dell'universo avrete tanti uguali, quante saranno le stelle coi loro mondi. Sicché guardate che questa mutazione che noi vogliamo fare, non sia con pregiudizio della dignità vostra.