LA bomba
Quando gli impianti di Hanford e Oak Ridge avevano cominciato a funzionare a pieno ritmo nella produzione del materiale fissile e a Los Alamos la progettazione e la messa a punto delle bombe a fissione aveva oramai raggiunto uno stadio avanzato, era ormai diventato chiaro che la guerra contro la Germania stava per finire con la vittoria sul campo degli alleati; veniva quindi meno la necessità di utilizzare questa nuova arma contro i tedeschi. All'inizio di marzo del '45 alcuni fisici del Metallurgical Laboratory cominciarono a porsi seri interrogativi sull'opportunità di sperimentare e usare contro il Giappone le bombe atomiche in costruzione a Los Alamos, e sulle drammatiche conseguenze che il loro uso e la loro probabile proliferazione avrebbero avuto sugli equilibri mondiali dopo la fine della guerra.
In particolare Leo Szilard scrisse un memorandum indirizzato al Presidente Roosevelt e andò a fare visita ad Einstein, fino ad allora tenuto completamente all'oscuro degli sviluppi del progetto Manhattan, per chiedergli di scrivere una lettera di presentazione da far pervenire al Presidente insieme con il memorandum. Nella sua lettera a Roosevelt, datata 25 marzo 1945, Einstein, dopo aver richiamato le motivazioni del suo precedente intervento, aggiungeva:
"Il segreto che vincola l'attuale lavoro del
dott. Szilard non gli permette di fornirmi informazioni sulla sua
attività; tuttavia capisco che egli è ora molto preoccupato per la
mancanza di un adeguato contatto tra gli scienziati che stanno
conducendo queste ricerche e quei membri del suo gabinetto che sono
responsabili per la formulazione di una linea di condotta. Allo stato
delle cose considero mio dovere fornire al dott. Szilard questa
presentazione, e voglio esprimerle la speranza che lei presterà alla
esposizione del caso la sua personale attenzione. Distinti saluti,
A. Einstein".
In questo memorandum Szilard esprimeva tutta la sua preoccupazione che l'uso della bomba atomica contro il Giappone potesse dare il via a una corsa agli armamenti atomici fra gli Stati Uniti e l'URSS che poteva concludersi con la distruzione di entrambi i paesi, e suggeriva l'istituzione di un qualche sistema di controllo efficace sulla produzione di materiali fissili utilizzabili per la realizzazione di queste bombe, controllo da estendersi a tutti i paesi del globo. Come miglir metodo per convincere i russi ad accettare un controllo reciproco, Szilard sottolineava come "potrebbero essere grandissimi i vantaggi psicologici di evitare l'uso di bombe atomiche contro il Giappone e, al contrario, di preparare una dimostrazione della bomba atomica in un momento che sembri più adatto dal punto di vista degli effetti sui governi interessati.
Szilard scrisse alla signora Roosevelt per cercare di fare pervenire al Presidente il memorandum e la lettera di Einstein. A seguito di quest'iniziativa la moglie del Presidente riuscì a fissare un appuntamento per un incontro di Szilard con Roosevelt per l'8 maggio 1945, ma quest'incontro non ebbe mai luogo perché il Presidente mori improvvisamente il 12 aprile.
L'8 maggio ebbe fine la guerra in Europa. Nelle settimane successive Szilard tentò di fare avere il suo memorandum al nuovo Presidente Harry S. Truman e si recò anche alla Casa Bianca per cercare di ottenere un colloquio; ma alla fine riuscì solo ad ottenere un incontro con il futuro Segretario di Stato James Byrnes, da cui si recò con il vice direttore del Metallurgical Laboratory Walter Bartky e con un altro scienziato che aveva un ruolo notevole nel progetto Manhattan, il chimico premio Nobel H.C. Urey. Ma quest'incontro deluse molto Szilard per la "completa indifferenza" di Byrnes nei riguardi dei problemi da lui sollevati nel suo memorandum. Al loro ritorno a Chicago Szilard e i suoi colleghi furono violentemente criticati dal generale Groves, che li accusò in particolare di avere compiuto una grave violazione delle norme di sicurezza per avere fatto leggere un documento segreto a Byrnes.
Nei giorni successivi il direttore del Metallurgical Laboratory, Arthur H, Compton, anche allo scopo di regolare le discussioni fra gli scienziati del progetto, decise di nominare un comitato presieduto da James Franck, un fisico immigrato a Chicago dalla Germania all'epoca delle leggi razziali, e di cui avrebbero fatto parte anche Eugene Rabinowitch e Szilard, per esaminare la questione se e in che modo la bomba dovesse essere usata. [votazione scienziati Chicago]
All'inizio di giugno del 1945 il rapporto finale, diventato noto come "Rapporto Franck", anche se fu stilato in massima parte da Rabinowitch e da Szilard, fu recapitato urgentemente al ministro della Guerra Stimson perché lo inoltrasse a Truman. In questo rapporto veniva esplicitamente sconsigliato l'uso militare di bombe atomiche sul Giappone mentre si prendeva posizione a favore di una dimostrazione incruenta della bomba atomica, tale tuttavia da convincere i giapponesi della sua potenza distruttiva.
Non essendo arrivato alcun riscontro al Rapporto Franck, Szilard raggiunse la convinzione che "era giunto il momento per gli scienziati di esprimersi pubblicamente contro l'uso della bomba sulle città del Giappone, in base a ragioni morali", e non soltanto sulla base di ragioni di opportunità politica; verso la fine di giugno del '45 prese l'iniziativa di scrivere e far circolare fra i colleghi del progetto Manhattan una petizione in cui si chiedeva al Presidente degli Stati Uniti di "esercitare il suo potere di comandante in capo per decretare che gli Stati Uniti non facessero ricorso all'uso di bombe atomiche in questa guerra, a meno che i termini [della resa] fossero stati resi noti e che il Giappone, conoscendoli, avesse rifiutato dì arrendersi".
La prima stesura della petizione di Szilard fatta circolare a Chicago raccolse soltanto 53 firme fra gli scienziati del Metallurgical Laboratory. Il 10 luglio '45 Szilard inviò otto copie della petizione a Los Alamos al fisico Edward Creutz, con la preghiera di darne una copia a Oppenheimer "per sua informazione", le altre a vari fisici di quel laboratorio fra cui Edward Teller, Robert Wilson, Philip Morrison e Edwin McMillan, e di "chiedere alle persone coinvolte se sono disposte a farle circolare... per non più di cinque giorni" dopo avere apposto "su tutte le copie il timbro "segreto".
Szilard tuttavia non si faceva molte illusioni sull'efficacia della sua petizione e sulla capacità di recepire la "questione morale" da parte di molti dei suoi colleghi. Il pessimismo di Szilard era più che fondato.
Questa petizione non fu fatta circolare, sembra per ordine di Oppenheimer. Szilard cercò anche di ottenere altre firme dagli scienziati che lavoravano a Oak Ridge, ma senza successo. Alla fine Szilard fu convinto da Franck a inoltrare la petizione, con in calce 68 firme in tutto di scienziati del Metallurgical Laboratory, attraverso canali istituzionali, ma la petizione non arrivò mai al Presidente Truman.
Già due mesi prima, nel maggio del '45, il Presidente Truman aveva istituito una commissione, nota come Interim Committee, presieduta dal ministro della Guerra Henry L, Stinison e composta da cinque politici e da tre scienziati Vannevar Bush, James Conant e Karl Compton per esaminare il problema dell'eventuale impiego della bomba atomica e i problemi relativi a un possibile controllo internazionale di queste armi.
Questa commissione era coadiuvata da una "sottocommissione scientifica" formata da Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Ernest Lawrence e Arthur Compton, tutte figure di primo piano del progetto Manhattan. Costoro ricevettero da Stimson il Rapporto Franck, ma non lo trovarono convincente e alla fine di giugno '45 arrivarono alla seguente conclusione: "Non possiamo suggerire alcuna dimostrazione tecnica che abbia una qualche probabilità di far finire la guerra; non vediamo alcuna soluzione alternativa accettabile a quella del diretto uso militare".
Commentando alcuni anni dopo la decisione presa in quell'occasione Oppenheimer dichiarò: "Noi pensammo che le due considerazioni preponderanti fossero il risparmio di vite umane e l'effetto che la nostra superiorità avrebbe avuto sulla nostra situazione interna come pure sulla stabilità del mondo nel dopoguerra. Dicemmo anche di non credere che l'esplosione di uno di questi ordigni come un fuoco d'artificio in un deserto avrebbe avuto probabilità di fare molta impressione".
Come è noto i "fuochi d'artificio" ci furono, ma sul Giappone, il 6 agosto 1945, con l'esplosione su Hiroshima di una bomba a U235, e il 9 agosto 1945 con l'esplosione su Nagasaki di una bomba al plutonio. Secondo i rapporti ufficiali dell'epoca le esplosioni sulle due città provocarono circa 120.000 vittime, fra morti e dispersi, e oltre 110.000 feriti.