La pubblicazione del "Rapporto Smyth"
di Henry Smyth
È difficile immaginare una società tanto primitiva, una tirannia a tal punto assoluta da essere totalmente priva di riguardi per l'opinione pubblica. Certamente il pubblico può essere rappresentato da una ristretta cerchia di individui potenti intorno ad un capo, oppure da una tumultuosa folla di contadini affamati. Comunque, il problema di cosa dire e in che modo dirlo è ineliminabile. Né possono i due aspetti della questione rimanere del tutto distinti.
Nelle città-stato dell'antica Grecia, che spesso consideriamo la culla della democrazia, le informazioni si diffondevano soprattutto per comunicazione orale. I liberi cittadini di Atene (che nel momento della maggiore potenza delle città erano poi solo 50.000 circa) erano sempre informatissimi. Negli Stati più grandi invece era impossibile raggiungere velocemente tutti i cittadini. Un grosso cambiamento fu apportato dalla invenzione della stampa, rendendo possibile la comunicazione diretta in Paesi di dimensioni vastissime. Certo, c'erano scarti di tempo che in seguito furono molto ridotti dalla invenzione del telegrafo e praticamente del tutto eliminati dalle trasmissioni radio. Oggi dal punto di vista tecnico il problema non esiste più: il popolo di un Paese può essere informato in continuazione. La sola questione, dunque, rimane questa: cosa è giusto dire?
Un dogma basilare per tutti coloro che credono nella democrazia è che la gente deve sapere tutta la verità, il più rapidamente possibile. In una democrazia vigorosa e vitale, la forza del Paese può essere valutata dalle reazioni del popolo alle notizie cattive, oppure a quelle buone. Winston Churchill dimostrò di averlo capito molto bene, con il suo famoso discorso a base di "sangue, sudore e lacrime". Eppure, indubbiamente un elemento essenziale al successo di un governo democratico è il compromesso pragmatico. Quando sono in corso negoziati delicati, quando si sta combattendo una guerra disperata, ci sarà sempre qualche informazione che deve rimanere segreta.
Molti tipi di informazioni rientrano chiaramente nella classe "mantenere segreto", oppure in quella "rivelare completamente". Ma alla fine della seconda guerra mondiale ci si trovò di fronte ad una massa di notizie di uso prettamente bellico, che però potevano tornare utili anche in tempo di pace: si trattava di decidere. Non solo, ma - e questo è ancora più importante - una rivoluzione nella tecnologia militare come quella determinata dalle armi nucleari poteva certamente influenzare le principali decisioni politiche di interesse sia per gli uomini di governo che per il pubblico in generale.
Prima della fine della seconda guerra mondiale molti dei responsabili del progetto della bomba atomica negli Stati Uniti riconobbero l'importanza di rilasciare un rapporto su tutto il progetto. In parte ciò poteva essere ritenuto necessario per giustificare il finanziamento con denaro pubblico del progetto stesso, ma fu considerato anche più importante fornire una chiarificazione dell'enorme cambiamento portato nella politica mondiale dalla bomba atomica.
Stranamente, la necessità di diramare un rapporto esauriente fu riconosciuta anche dai responsabili della segretezza. Sostennero che il numero di persone che avevano a che fare con la produzione delle bombe era talmente vasto, e tanto spettacolari erano le scoperte, che mantenere una totale segretezza sarebbe stato impossibile. Giunsero alla conclusione che una rivelazione ufficiale abbastanza approfondita avrebbe segnato una linea di demarcazione che avrebbe permesso di escludere qualsiasi altra diffusione di notizie non ufficiale e non pienamente ponderata.
Secondo me gli eventi dimostrarono poi che quella decisione fu giusta. Comunque è interessante rilevare che la proposta di una informazione ufficiale ed esauriente venne appoggiata sia da coloro che volevano informare al massimo sia da coloro che, al contrario, volevano dire il meno possibile.
Senza dubbio, l'opportunità di redigere un rapporto pubblico sulla bomba atomica fu chiara a molti che lavoravano al progetto. Ricordo che ne parlai con Arthur H. Compton e, poco dopo, con il Dr. Conant, nell'autunno del 1943, quando mi trovavo al Laboratorio Metallurgico dell'Università di Chicago. Parlammo poi dell'idea con il Dr. Bush e con il Generale Groves, che nel marzo 1944 mi chiesero di assumermi il compito della preparazione di un rapporto.
Durante tutto il periodo della redazione del rapporto si continuò ad essere incerti sulla opportunità o meno di pubblicare tale documento. All'inizio fu deciso di redigerlo in modo molto dettagliato. Poi, a mano a mano che si procedeva, furono stabiliti criteri su cosa si doveva o non si doveva includervi. Tali criteri si traducevano in ordini che mi venivano impartiti. La bozza finale fu poi attentamente rivista, paragrafo per paragrafo, dal Dr. R.C. Tolman, per accertare che tutto ciò che era stato scritto corrispondesse agli ordini. Furono ottenuti vari altri permessi, come è descritto nel libro "The New World" di Anderson e Hewlett.
La decisione finale sulla diffusione del rapporto fu presa dal Presidente Truman, su consiglio dei Segretario Stimson, del Dr. Bush, del Generale Groves e di altri, nell'agosto 1945, poco dopo il bombardamento di Hiroshima e di Nagasaki.
Per quanto possa essere lusinghiero per me che questo rapporto sia comunemente noto come il "Rapporto Smyth" la cosa è anche un poco imbarazzante. Durante la fase preparatoria, non fu mai certo che sarebbe comparso il nome di un autore: inoltre, il titolo, piuttosto roboante, della versione ufficiale, era nato come sottotitolo; il titolo avrebbe dovuto essere "Atomic Bombs". Ma, per ragioni di segretezza, questo titolo semplice ed esplicativo fu omesso durante la preparazione della versione a stampa e il progetto di aggiungerlo con un timbro, all'ultimo momento, non fu mai realizzato.
Qualsiasi uomo di coscienza deve a volte riflettere su decisioni alle quali ha contribuito, domandandosi se esse furono giuste o sbagliate. Naturalmente, a me questo è capitato spesso, durante i sedici anni trascorsi da quando fu pubblicato il mio rapporto, ma mai prima d'ora ho espresso commenti per iscritto. Ma dato che quest'anno cade il ventesimo anniversario della prima reazione nucleare a catena, e dato che il caso vuole che negli ultimi mesi siano stati pubblicati quattro libri che trattano dello sviluppo della energia nucleare, ritengo sia questo il momento giusto per dire qualche parola.
Prima che venisse varato il progetto per la bomba atomica statunitense nel 1940, il mondo scientifico conosceva i principi sui quali si basava il progetto. Si sapeva che i neutroni provocavano la fissione dell'uranio, liberando gigantesche quantità di energia. Si sapeva che i neutroni, provocando la fissione, si riproducevano, e che perciò una reazione moltiplicantesi a catena avrebbe potuto verificarsi, con forza esplosiva. Era noto che l'isotopo 235 dell'uranio era più prontamente fissionabile del più comune isotopo 238. Si conoscevano i principi di tutti i processi di separazione isotopica, adoperati in seguito. Era anche stato previsto che il plutonio si sarebbe formato per assorbimento di un neutrone da parte dell'U238 e che presentava capacità di fissione paragonabili a quelle dell'U235. Ma si ignorava se queste nozioni si sarebbero potute sfruttare per costruire una bomba atomica utilizzabile militarmente. La risposta a questo interrogativo venne dal bombardamento di Hiroshima, il 6 agosto 1945. Fu questa la grande rivelazione: la bomba era fattibile.
Appurato questo fatto, accertata la conoscenza ormai mondiale dei concetti basilari, non vi era più dubbio che qualsiasi grande paese industriale, avvalendosi di talenti competenti in campo scientifico e ingegneristico, potesse riuscire a costruire bombe atomiche. Era solo una questione di tempo.
Perciò la possibilità che le armi atomiche restassero per sempre possesso esclusivo degli Stati Uniti non era semplicemente pensabile. La decisione su cosa si doveva o non si doveva pubblicare era legata alla valutazione di un bilancio tra vantaggi derivanti dalla comprensione, da parte della opinione pubblica, delle implicazioni militari, pacifiche e politiche, che presentava l'energia atomica, e il rischio della probabile rapidità con la quale altri paesi avrebbero potuto costruire armi nucleari. Inoltre, l'importanza del fattore rapidità dipendeva dal giudizio politico sull'atteggiamento tenuto da altri paesi nei confronti degli Stati Uniti nel periodo post-bellico.
Un altro fatto che non fu possibile prendere in debita considerazione nel 1945 è quello della valutazione di quanto fosse opportuno rivelare. Io, comunque, superai ogni dubbio sull'opportunità di far circolare il rapporto quando venni a conoscenza delle attività svolte dalle varie spie all'interno del progetto.
Anzi, ritengo che sia del tutto impossibile stabilire in che misura lo sviluppo delle armi atomiche in altri Paesi sia dipeso dalle informazioni diramate dagli Stati Uniti, e in qual misura dall'attività di spionaggio. E' probabile che nessuna delle due fonti abbia avuto un valore risolutivo; ciò che contò fu la conoscenza dei concetti di base e la sicurezza che il successo era a portata di mano. In ogni modo c'era da compiere un grandissimo sforzo ingegneristico e industriale. Ed ora, nel 1962, non pare più molto importante il fatto che negli altri paesi il successo poteva essere stato ritardato di qualche mese, o anche di un anno o due, mantenendo una rigorosa segretezza, di fronte al fatto che esso era comunque raggiungibile. Nessuna informazione ufficiale riguardante la bomba all'idrogeno fu mai diffusa dagli Stati Uniti. Malgrado ciò l'URSS riuscì a costruirla molto rapidamente.
Non si deve credere, però, che il rapporto ufficiale contenesse le istruzioni per la costruzione dell'arma. Come esempio dei molti segreti fondamentali non rivelati posso citare la natura delle barriere per la diffusione gassosa nell'arricchimento dell'uranio a Oak Ridge e la anomalia dell'assorbimento dello xeno, che rischiò di mandare all'aria il funzionamento dello stabilimento per la produzione di plutonio ad Hanford. Sono informazioni di importanza enorme per chi si propone di costruire armi atomiche, ma di poco conto ai fini della comprensione di tutto lo schema nonché degli scopi e della potenzialità del progetto nel suo insieme.
Per rendersi conto di quali grandi vantaggi potessero derivare agli Stati Uniti e al mondo in generale dalla descrizione esauriente del progetto della bomba atomica è necessario esaminare i fatti che accaddero poi e valutare in che misura avrebbero potuto essere diversi se si fosse tentato di mantenere la segretezza totale.
Negli anni che seguirono la guerra, il fatto di discutere pubblicamente la bomba atomica e i problemi ad essa connessi diventò un fatto molto comune e generalizzato. La prima questione importante era a carattere interno: il controllo civile dello sviluppo futuro dell'energia nucleare. Le discussioni sfociarono nell'approvazione della Legge McMahon, che istituiva una Commissione civile per l'energia atomica. È difficile stabilire come questi dibattiti avrebbero potuto avere luogo se fossero state messe a disposizione meno informazioni. Tanto più che, anche in tal modo, forse solo la natura drammatica dei fatti portò la gente ad assorbire tutto quello che era stato reso noto; le decisioni furono così prese in sede legislativa, dopo aperte discussioni, piuttosto che per decisione inappellabile dell'esecutivo. Eppure io dubito che qualcuno possa pensare oggi che il programma nucleare, anche quello inteso allo sviluppo degli armamenti, avrebbe potuto essere organizzato meglio come progetto del tutto segreto sotto una direzione militare.
Un'altra importante attività di quel periodo fu il tentativo di istituire il controllo internazionale sulle armi atomiche. Il "Piano Baruch" venne bocciato, ma la discussione mondiale che esso provocò si rivelò certamente utile: ebbene, quella discussione non sarebbe stata pensabile senza una base di informazioni sicure.
L'esame di tutte le fasi inerenti alle armi nucleari, gli esperimenti, la ricaduta radioattiva e le implicazioni politiche di queste scoperte è continuato sulla base di molte informazioni successive rivelate nel corso degli ultimi quindici anni. A uno come me, convinto che la speranza di pace nel mondo moderno dipende da un pubblico informato e attento, la quantità di informazione distribuita sembrò più vicina al minimo indispensabile che al massimo auspicabile.
L'energia nucleare si è ad un certo momento rivelata più cara di quanto si era inizialmente sperato, ma essa assicura al mondo una riserva di energia di grande importanza futura. È probabile che gli impianti nucleari apporteranno contributi di rilievo alle risorse energetiche mondiali durante il prossimo decennio. Nella misura in cui il rapporto ufficiale può aver accelerato questi sviluppi, la sua pubblicazione fu certamente un fatto commendevole.
In conclusione, io credo che coloro che furono responsabili della pubblicazione del mio rapporto hanno reso un grande servigio sia agli Stati Uniti che al mondo intero.