Enrico Fermi e la Fissione dell'Uranio

di Otto Hahn

La richiesta di commemorare l'evento del 2 dicembre 1942 mi procura una strana sensazione. In verità nulla mi collega direttamente a quella importante data, visto che i contatti scientifici della Germania con gli altri Paesi, prima con l'Inghilterra e poco dopo con l'America, ebbero termine, almeno per quanto riguarda la ricerca nucleare, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1939. I periodici occidentali non pubblicarono più niente che riguardasse la fissione dell'uranio, la quale era stata annunciata nel gennaio 1939. Quando poco dopo fu dimostrato che nella fissione dell'uranio si liberavano dei neutroni in più, il mondo scientifico capì che l'imbrigliamento dell'energia nucleare tramite una "reazione a catena" era entrato a fare parte delle cose possibili. Durante la guerra, ogni processo utilizzabile per indebolire o annientare il nemico ha precedenza sulle possibili utilizzazioni benefiche. Anche allora fu così e si parlò della possibilità di una bomba atomica.
Ricordo molte conversazioni che ebbi con il mio amico Fritz Strassmann. Parlavamo dei nostri timori che potesse essere costruita una bomba. Ci consolavamo con il pensiero che sarebbero passati probabilmente altri vent'anni o più prima che l'umanità potesse impadronirsi di una tale arma e che dunque il suo sfruttamento nel corso della guerra attuale era da escludersi.

Allora non avevamo sentore del successo di Enrico Fermi e dei suoi numerosi collaboratori, ed eravamo contenti di poter continuare a pubblicare il nostro lavoro unicamente scientifico per spiegare i molti processi che intervengono durante la scissione del nucleo di uranio. Non ho dunque veramente nessun titolo per commemorare il giorno in cui il reattore di Fermi divenne "critico", ossia il giorno in cui si dimostrò la possibilità di una reazione a catena, cosa che rendeva possibile l'effettivo sfruttamento delle energie assopite nei nuclei atomici.
Premesso ciò, ho delle buone ragioni per ricordare il nome di Enrico Fermi. Nel 1934 Fermi ci fornì il motivo per decidere, io e la mia collega ed amica di molti anni, Lise Meitner, di verificare i suoi esperimenti di irraggiamento dell'uranio con i neutroni. Erano nate delle controversie in merito alla interpretazione degli esperimenti di Fermi. Egli aveva avuto la brillante trovata di usare neutroni privi di carica per provocare trasformazioni nucleari artificiali invece delle particelle alfa, di carica positiva, o dei protoni, fino ad allora impiegati. Con i suoi colleghi aveva dunque bombardato con neutroni praticamente tutti gli elementi della scala periodica, fino all'uranio, ottenendo trasformazioni nucleari artificiali durante le quali il nucleo, ingrandito dal neutrone, fu tramutato nell'elemento successivo più alto con emissione di radiazione beta.

Dato che nel corso dell'irraggiamento dell'uranio Fermi aveva individuato anche delle specie nucleari artificiali, ne aveva dedotto che si erano formati uno o anche diversi elementi collocati al di là dell'uranio, dunque elementi transuranici. Conclusione che fu però osteggiata dal mio ex collega A.V. Grosse, il quale per primo era riuscito a produrre protoattinio puro. Grosse e Agruss non credevano nella presenza di specie atomiche con carica nucleare più alta di 93, ma ritenevano che le specie sulle quali riferiva Fermi fossero forme dell'elemento 91; ovvero, isotopi del protoattinio. Dato che sia Lise Meitner che io stesso conoscevamo bene le proprietà del protoattinio, e dato che vari anni prima avevo scoperto un isotopo beta-emittente del protoattinio, l'uranio Z, ci interessava molto riprodurre gli esperimenti di Fermi, allo scopo di verificare se avesse ragione Fermi oppure Grosse, cioè se le nuove specie nucleari artificiali corrispondevano agli elementi con un numero atomico maggiore di 92, o all'elemento 91, il protoattinio. Impiegando l'uranio Z come tracciante con l'elemento 91, Lise Meitner ed io riuscimmo a dimostrare senza possibilità di equivoci che le sostanze di Fermi non erano isotopi del protoattinio e che dunque la supposizione che si trattasse di elementi posti al di là dell'uranio, ovvero elementi transuranici, erano giustificate (gli elementi torio 90 e attinio 89 erano stati esclusi in precedenza).

La nostra spiegazione del processo fu dunque la seguente: quando l'uranio viene sottoposto al bombardamento di neutroni, i nuclei di uranio assorbono un neutrone e si crea un isotopo artificiale dell'uranio con una massa più grande di un'unità. Perciò un neutrone nel nucleo è convertito in un protone. Emettendo una particella beta l'isotopo dell'uranio si trasforma in un isotopo dell'elemento 93, ossia in un elemento transuranico. Fermi ed i suoi collaboratori scoprirono non solo uno, ma diversi beta-emittenti formatisi simultaneamente, compresi due prodotti di vita media di 10 e 40 secondi rispettivamente. Tutti gli esperimenti con altri elementi del sistema periodico indicarono che doveva trattarsi dunque di isotopi a vita breve dell'uranio, i quali evidentemente poi si trasformavano in ulteriori prodotti artificiali.
Lise Meitner ed io confermammo e sviluppammo gli esperimenti del gruppo Fermi. Fu constatato che si trattava di procedimenti estremamente complessi e, in collaborazione con Fritz Strassmann, elaborammo in un periodo di quattro anni, due serie estensive di elementi transuranici artificiali con cariche nucleari che dovevano andare dall'ecarenio 93 all'ecaplatino 96. Una serie iniziò con l'isotopo di uranio di vita media di 10 secondi di Fermi e l'altra con il prodotto da 40 secondi. Dato che i prodotti di trasformazione risultanti da questi isotopi erano tutti precipitabili con una soluzione fortemente acida mediante del solfato di idrogeno, gli elementi "transuranici" erano in buon accordo, in quanto alle loro proprietà chimiche, con l'ipotesi dell'ecarenio 93 e con gli omologhi del platino metallico ecaosmio 94, ecairidio 95 e ecaplatino 96.

Eppure, tutta la struttura dei nostri elementi "transuranici" dipendeva dall'errore quasi tragico rappresentato dall'interrogativo sollevato dagli isotopi fermiani a vita breve (10 e 40 secondi) dell'uranio. La conclusione a cui arrivò Fermi quando svolse il suo irraggiamento neutronico dell'uranio, nel 1934, era giusta e ugualmente giusta sembrava essere la nostra lunga serie di trasformazioni. Fermi non poteva sapere che nel caso dell'uranio sottoposto al bombardamento di neutroni si sviluppa un processo completamente differente da quello che ha luogo negli elementi più bassi della scala periodica. Furono necessari altri esperimenti - che all'inizio servirono solo ad accrescere la confusione - prima che si arrivasse ad una corretta interpretazione di ciò che accadeva durante gli irraggiamenti dell'uranio.

Mi limiterò ad una descrizione molto breve dei nostri tentativi continuamente sbagliati e del successo finale. Lise Meitner ed io scoprimmo, avvalendoci della tecnica dei traccianti sotto determinate condizioni di irraggiamento, oltre alle sostanze da 10 e 40 secondi, ritenute da Fermi essere isotopi dell'uranio, anche un prodotto artificiale di vita media di 23 minuti, che fummo in grado di identificare senza equivoci come un genuino isotopo dell'uranio. Dal momento che emetteva radiazioni beta esso doveva necessariamente trasformarsi nell'elemento 93, ecarenio. Data la debolezza della nostra sorgente di radiazioni, non ci fu possibile, malgrado i nostri sforzi, scoprire questo ecarenio. Comunque in quei giorni la cosa non ci interessava particolarmente, essendo convinti che possedevamo già forme di ecarenio come prodotti di trasformazione degli isotopi fermiani a vita breve dell'uranio. Anche in questo caso si verificò una ripetizione dell'equivoco quasi tragico relativo a questi prodotti, per il quale saremmo andati incontro ad una serie di difficoltà con il prodotto di trasformazione dell'isotopo dell'uranio di vita media di 23 minuti. Separando ripetutamente questo isotopo e quindi arricchendo il suo ignoto prodotto di trasformazione, probabilmente avremmo scoperto l'ecarenio in via di formazione e constatato, con meraviglia, che non possedeva nessuna delle proprietà che eravamo costretti ad attribuirgli basandoci sulle nostre trasformazioni fermiane. McMillan e Abelson scoprirono il vero elemento 93 dopo che fu scoperta la fissione dell'uranio. I suoi scopritori lo chiamarono nettunio.
Ma torniamo al 1938. Il numero di nuclidi artificiali risultati direttamente o indirettamente dall'irraggiamento dell'uranio si accrebbe ancora quando Strassmann ed io, nell'esaminare un prodotto di vita media di tre ore e mezza descritto da Curie e Savitch, riuscimmo a dimostrare l'esistenza di non meno di quattro nuove sostanze, che dovemmo descrivere tutte come isotopi artificiali del radio. A giudicare dalle loro reazioni chimiche poteva trattarsi solo di radio oppure di bario, aggiunto per farle precipitare. Naturalmente quest'ultimo fu escluso, sulla base di tutta l'esperienza di fisica nucleare accumulata fino a quel momento.
Ma ora finalmente potevamo eseguire gli esperimenti che portarono alla chiarificazione. Tentammo di separare il nostro "radio" artificiale dalla zavorra inerte di bario per cristallizzazione frazionata, volendo ottenere strati più sottili per studiare la radiazione beta. Il risultato è ben noto: benché ricorressimo alle tecniche più diverse, a noi familiari da tempo, non riuscimmo a separare il "radio" dal bario ed esperimenti con traccianti di isotopi naturali del radio, quali il mesotorio, il torio X ed il nostro "radio" artificiale, finalmente ci portarono forzatamente a concludere che quest'ultimo non era affatto radio, bensì bario. Nel corso del bombardamento neutronico l'uranio si era scisso in elementi di peso medio, uno dei quali era il bario e l'altro poco dopo si rivelò essere il kripton, ambedue gli elementi essendosi manifestati sotto forma di numerosi isotopi.

La prima spiegazione di questa scissione la fornirono Lise Meitner e O.R. Frisch. A seguito dei loro suggerimenti, oggi il processo viene definito "fissione". All'inizio di questo breve racconto ho dichiarato che veramente non c'entravo affatto con il 2 dicembre 1942, il giorno in cui il reattore nucleare di Fermi divenne "critico". E' la pura verità. Comunque, i miei colleghi Lise Meitner e Fritz Strassmann, ed io stesso, con Fermi avemmo molto da fare. I prodotti di trasformazione a vita breve di Fermi, ritenuti essere isotopi dell'uranio, furono il punto di partenza di quattro anni di lavoro comune. E malgrado il fatto che, una volta chiarito il vero processo, questi isotopi a vita breve dell'uranio si rivelassero un'illusione inevitabile a quell'epoca, cionondimeno lo sforzo sistematico ci portò finalmente al successo. Non fosse stato per Fermi, forse Hahn, Meitner e Strassmann non si sarebbero mai interessati di uranio.
Perciò oggi la nostra gratitudine a Fermi è motivata forse non tanto dal suo reattore quanto dai suoi esperimenti nell'utilizzare neutroni privi di carica allo scopo di provocare processi nucleari artificiali.

 
  • immagini

    • Otto Hahn

    • Francobollo commemorativo di Otto Hahn riportante la reazione della fissione da lui scoperta

    • Otto Hahn ricevette il premio per la chimica nel 1945