INTERVENTI - Edoardo Amaldi

Riflessioni a vent'anni dalla prima reazione a catena

... Un primo dato orientativo che, anche se di natura per cosi dire "contabile", può servire a dare una sia pur grossolana valutazione dell'entità di tali conseguenze, è il numero di reattori nucleari esistenti oggi nel mondo. Secondo una recente pubblicazione, i reattori nucleari in funzione sono, nel 1962, oltre 270; di questi 110 sono reattori di ricerca, di potenza variabile fra 1 e 250.000 kW, 21 sono reattori per prove di materiali e ricerche speciali, 30 reattori sperimentali di potenza, e 49 infine sono prototipi o centrali elettronucleari di potenza, delle quali non poche comprendono più di un reattore.
Mi astengo, per ovvie ragioni, dall'addentrarmi in una descrizione più dettagliata, come in realtà si dovrebbe fare, di questa classificazione dei reattori. Ma anche le poche grandi categorie che ho ricordato sono sufficienti a far intravedere la molteplicità degli impieghi che può avere un reattore nucleare: esso può essere impiegato direttamente o indirettamente per ricerche di tipo fondamentale nei campi della fisica, della chimica e della biologia, o può essere costruito in vista di ben determinate applicazioni, come la produzione di energia, la diagnostica o la terapia medica, la produzione di mutazioni di interesse agricolo.

Nel campo della ricerca fisica fondamentale, l'uso dei reattori di ricerca ha contribuito nel passato, contribuisce oggi e seguiterà a contribuire ancora per molti anni in modo essenziale allo sviluppo delle nostre conoscenze sulle proprietà dei corpi solidi e liquidi, sulle reazioni nucleari provocate da neutroni e raggi gamma, sulla spettroscopia nucleare e, attraverso queste ultime, sulla struttura dei nuclei. Esso, inoltre, ha permesso di affrontare non pochi problemi fondamentali relativi alle proprietà delle particelle elementari, rendendo possibili, per esempio, misure di precisione della interazione fra neutrone ed elettrone, della vita media e dello spettro delle particelle beta emesse nel decadimento del neutrone e il riconoscimento dei dettagli di tale processo con particolare riguardo alle deviazioni dalla conservazione della parità. Infine si deve ricordare che è mediante un grande reattore che negli Stati Uniti, nel 1956, è stata osservata per la prima volta una reazione nucleare provocata da neutrini, fenomeno questo che ha aperto un nuovo capitolo della fisica delle particelle elementari: la fisica dei neutrini, la cui portata e il cui significato, sul piano delle nostre conoscenze del mondo fisico, è ancora difficile poter chiaramente stimare. E' tuttavia probabile che in non molti anni sarà possibile, per esempio, scoprire nuove proprietà di nebulose o ammassi stellari, non già dallo studio della loro luce o delle loro radioonde, ma dalla osservazione dei neutrini che esse emettono continuamente.

Nel settore della chimica sta nascendo un capitolo completamente nuovo, consistente nello studio delle reazioni chimiche che hanno luogo quando, anziché dalle molecole, si parte da atomi o radicali prodotti a mezzo di irraggiamento. Qui basti ricordare due esempi attualmente allo studio: la fissazione dell'azoto partendo da azoto atomico e la produzione di polimeri partendo da radicali prodotti per irraggiamento. Sempre nel campo della chimica, l'avvento dei reattori nucleari ha aperto la via all'analisi per attivazione, la quale, fra l'altro, ha dato l'avvio alla cosmochimica, ossia alla nuova scienza che studia la composizione della materia del cosmo.
In biologia i problemi affrontati con la tecnica dei radioisotopi, prodotti a mezzo di reattori nucleari, sono molteplici, come è facile riconoscere dalla vastità della corrispondente letteratura. A solo titolo di esempio, basti ricordare lo studio e la chiarificazione dei processo clorofilliano a mezzo del carbonio marcato, lo studio dei virus a mezzo del fosforo marcato, la sintesi degli amminoacidi e lo studio, tuttora in corso, del codice genetico servendosi ancora del carbonio marcato.
Questi cenni ad alcuni dei molti problemi di ricerca fondamentale che è stato possibile affrontare e spesso risolvere grazie all'esistenza di reattori nucleari, sono sufficienti, anche se brevissimi, a dare un'idea di quale sia stato, in questi vent'anni, e quale seguiterà ad essere in avvenire l'apporto alla nostra cultura, si potrebbe forse dire alla nostra visione del mondo naturale; tale apporto scaturisce e seguita a scaturire da tutto un complesso di attività di natura scientifica, tecnica e tecnologica la cui prima radice è senza dubbio da ricercare nello storico evento che oggi commemoriamo.

Passando dall'esame dei problemi di ricerca fondamentale a problemi di carattere applicativo, quello che desta maggiore interesse in tutti i Paesi del mondo è la produzione di energia a mezzo di centrali elettronucleari. Questo argomento, ancora assai dibattuto, soprattutto sul piano economico, è giunto, attraverso un primo periodo di eccessivo ottimismo e una successiva fase di più cauta considerazione, ad una stabilizzazione solo in tempi relativamente recenti. Come è noto, questi cambiamenti di visuale furono determinati da circostanze in parte esterne e in parte interne all'ambito dell'energia nucleare. Il riconoscimento della assai maggior consistenza complessiva, rispetto a quanto si ritenesse o fosse noto prima, delle fonti di energia di tipo tradizionale esistenti nel mondo, provocò un abbassamento dei costo del kWh termico, il quale, insieme ad una più realistica valutazione del costo del kWh elettronucleare, contribuì a fare allontanare nel tempo la data prevista per il raggiungimento della competitività dei costi.
Per ciò che riguarda la situazione attuale io non posso certo entrare nei dettagli di questo vivo e importante problema, e pertanto mi limiterò a riferire le conclusioni di alcuni studi condotti recentemente in sede della Comunità Europea e del Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare (CNEN).

Si può oggi dire che non vi è alcun dubbio che il kWh nucleare raggiungerà la competitività con quello prodotto con metodi tradizionali in un tempo non troppo lungo. La valutazione della data in cui si verificherà questa circostanza non è però facile da stabilire: si può tuttavia ragionevolmente prevedere che la parità dei costi verrà raggiunta nel corso del quinquennio 1965-1970 e che nel corso del decennio 1970-1980 il kWh elettronucleare comincerà ad offrire un utile netto rispetto a quello prodotto con metodi tradizionali.
Per ciò che riguarda il contributo dell'energia di origine nucleare alla produzione globale di energia nel quadro della Comunità Europea, si prevede che essa debba intervenire per coprire quella frazione della richiesta che altrimenti dovrebbe venir soddisfatta con combustibili tradizionali a costi più elevati.
Secondo i dati della Comunità Europea, alla fine del 1965 ci saranno, nei Paesi della Comunità, 2.000 MW di potenza elettrica installata di origine nucleare, corrispondenti a circa il 3,45 % della potenza termoelettrica installata previsti per quell'epoca per la corrispondente rete globale. Nel quinquennio 1965-1970 circa la metà dell'aumento di potenza installata, ossia 7.600 MW, saranno di origine nucleare, e nel decennio 1970-1980 ben due terzi dell'aumento, ossia 32.000 MW, saranno di necessità sopperiti da centrali elettronucleari. Nei limiti di incertezza di simili valutazioni si può quindi stimare che, attorno al 1980, i Paesi della Comunità disporranno di una potenza nucleare installata superiore a 40.000 MW elettrici netti, corrispondenti al 35 % della potenza elettrica termica installata prevista per quell'epoca. Di conseguenza, l'energia che sarà prodotta nel 1980 dalle centrali nucleari supererà di oltre il 10 % il totale dell'energia elettrica prodotta nel 1960.

Passando dal quadro della Comunità Europea alla situazione del nostro Paese, si può dire che quando nel 1964 saranno entrate in funzione le tre centrali elettronucleari al Garigliano, a Latina e a Trino Vercellese, la potenza elettronucleare installata ammonterà a 550 MW, corrispondenti a circa il 9 % della potenza termoelettrica installata in Italia e al 27 % della potenza elettronucleare che si prevede sarà installata nel 1965 nel complesso dei Paesi della Comunità.
Se invece della potenza installata si considera l'energia prodotta in Italia nel 1964, si può prevedere che le tre centrali elettronucleari produrranno complessivamente il 5 % dell'energia elettrica globale (75 miliardi di kWh).
È forse bene fare ancora notare che la maggiore incidenza dell'energia elettronucleare che si avrà in quegli anni in Italia rispetto alla media della Comunità è giustificata dalla particolare situazione deficitaria del nostro Paese per ciò che riguarda le fonti tradizionali di energia.
Se si volge lo sguardo verso l'avvenire, credo che si possa dire che nel periodo che va dal 1964 al 1970 sarà necessario costruire nel nostro Paese una seconda generazione di reattori nucleari capaci di fornire una potenza elettrica netta che, secondo diverse stime, oscilla fra 1.000 e 1.500 MW elettrici.

I reattori di questa nuova generazione dovranno essere assai perfezionati rispetto a quelli attualmente in costruzione, i quali, al pari degli altri attualmente esistenti o in avanzata costruzione nel mondo, non riescono ancora a risolvere il problema della competitività dei costi.
Se poi si tiene conto che per questa seconda generazione di reattori è più che mai necessario fare in modo che i materiali e il lavoro italiano assorbano la frazione più elevata possibile dei costi capitali, si giunge a riconoscere l'assoluta necessità, ancora per parecchi anni, di investimenti cospicui in ricerche d'ingegneria e tecnologia nucleare, circostanza questa che non può far meraviglia data la giovanissima età di questo settore. La soluzione più ragionevole sembra consistere nel prevedere una spesa annua per ricerche applicate pari ad una alta percentuale degli investimenti nella costruzione di centrali.
Altre applicazioni dei reattori, che si collegano in parte con quella della produzione di energia elettrica, e a cui posso accennare solo fugacemente, sono la propulsione navale e la produzione di materiali fissili.
Quest'ultimo costituisce, notoriamente, uno degli aspetti più nuovi ed interessanti di questa fonte di energia, in quanto si possono costruire reattori che trasformano i materiali cosiddetti fertili, in materiali fissili, i quali possono poi, a loro volta, essere impiegati in altri reattori, provocando, attraverso questo processo, un aumento di un fattore certamente superiore a 100 della consistenza delle fonti di energia nucleare.

Vorrei invece accennare ad un aspetto che spesso viene trascurato di queste applicazioni dell'energia nucleare: si tratta delle conseguenze indirette che lo sviluppo di grandi reattori provoca in campi assai lontani, determinando spesso, anche se in modo non appariscente, una loro rapida evoluzione.
Gli esempi di conseguenze indirette sono moltissimi; qui basti ricordare l'impulso dato all'automazione, ai servomeccanismi e sistemi di controllo che, a causa del loro impiego nei reattori nucleari, sono stati necessariamente portati a livelli di sicurezza senza precedenti; l'impulso alla produzione di metalli sinterizzati (come per esempio il SAP), di materiali ceramici, di carburi ed idruri di metalli poco conosciuti alla tecnologia tradizionale. Ma non sono soltanto i metodi di progettazione e le tecnologie che dal campo dell'energia nucleare, si diffondono, per così dire, in altri settori della tecnica moderna. L'enorme quantità di lavoro, lo sforzo intellettuale e manuale imposto dalla ricerca della soluzione di problemi di fisica, di matematica applicata, di chimica, d'ingegneria e tecnologia, fatto per la costruzione dei reattori nucleari, determina la formazione di tecnici a tutti i livelli, parte dei quali, attraverso i movimenti del mercato del lavoro, si diffondono verso campi tradizionali, portandovi una metodologia già raffinata e una mentalità aggressiva, che favoriscono la individuazione di soluzioni nuove di vecchi problemi.
Accanto alle applicazioni dei reattori nucleari di tipo industriale di cui ho parlato ora, ve ne sono altre che vorrei qui ricordare in quanto rivestono una importanza del tutto particolare per la vita dell'uomo, sia come individuo che come essere organizzato socialmente.

Nel campo della medicina ricorderò la cura del cancro della tiroide con lo iodio radioattivo, lo studio della circolazione sanguigna a mezzo del sodio radioattivo e lo studio dei metabolismo del glucosio, degli amminoacidi e delle proteine.
In agricoltura i radioisotopi trovano un vastissimo impiego per lo studio di innumerevoli problemi di fisiologia vegetale, di concimazione e difesa delle piante; a mezzo dell'irraggiamento con neutroni e raggi gamma vengono provocate mutazioni di interesse agricolo; notevoli successi sono stati ottenuti nel settore degli arachidi, dei grani, degli orzi e dei fruttiferi.
Un'altra applicazione assai promettente che è attualmente allo studio, soprattutto negli Stati Uniti, è la desalinizzazione delle acque del mare ottenuta per distillazione grazie all'impiego di reattori capaci di produrre - a basso costo - grandi quantità di calore a temperatura relativamente bassa.
È chiaro quale sarebbe l'importanza di una soluzione economicamente accettabile di questo problema dato che essa aprirebbe la via ad una sostanziale modifica delle condizioni di vita in vaste zone aride.

Ho voluto ricordare in modo specifico questo esempio non soltanto per la sua attualità, ma anche perché, come è stato messo chiaramente in rilievo in occasione della II Conferenza di Ginevra deI 1958, questa è una delle tante applicazioni dell'energia nucleare che possono contribuire ad accelerare l'evoluzione di molti Paesi ancora in via di sviluppo.
Accanto a queste straordinarie e innumerevoli applicazioni pacifiche dell'energia nucleare non possiamo tuttavia dimenticare l'esistenza delle armi atomiche, la loro entità numerica, il loro potere distruttivo e il conseguente peso di preoccupazioni e di timori che esse esercitano, si può dire quotidianamente, sulla vita della maggior parte degli uomini coscienti.
Esaminato da questo punto di vista, si può dire che lo sviluppo dell'energia nucleare ha posto l'umanità di fronte a un problema di una gravità eccezionale, si potrebbe dire di fronte a un bivio: da un lato vi è la via tradizionale della soluzione dei problemi controversi fra Paesi o gruppi di Paesi con la forza, via che oggi può portare a distruzioni e sofferenze umane senza precedenti; dall'altro la via, a mio giudizio l'unica via ragionevole, di rendere per sempre impossibile l'impiego di armi nucleari e, al tempo stesso, di sviluppare e cercare di godere noi stessi e contribuire a far godere gli altri di tutti gli aspetti positivi dell'energia nucleare.
Se una simile soluzione venisse adottata, come forse oggi sembra lecito sperare, non solo cesserebbe la paura della guerra atomica che continuamente ci opprime, ma ne deriverebbe un beneficio economico del tutto eccezionale, in quanto le poderose scorte di materiali fissili altamente concentrati, ora immobilizzate negli armamenti, potrebbero essere impiegate per produrre reazioni a catena controllate a scopi pacifici.

Personalmente, posso dire di considerare come un aspetto altamente positivo della nostra attuale vita nazionale il fatto che il nostro Paese non si sia imbarcato nella costruzione di armi nucleari; e questo non solo per ragioni di principio, ma anche perché, come si vede accadere in altri Paesi, l'esistenza di un programma militare di questo tipo risulta di grave danno per lo sviluppo delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare, sia per il suo enorme costo, sia perché esso assorbe un'alta percentuale del personale scientifico e tecnico disponibile.
Siamo così portati ad esaminare le origini di questo periodo della storia della scienza e della tecnica. Siamo così riportati al dicembre 1942 ed anzi, ancora prima, all'epoca fra il 1926 e il 1938, quando Fermi lavorava In Italia ed aveva cominciato a creare qui a Roma una vivace Scuola di fisica moderna.
Fra pochi momenti, tutti potranno vedere alcuni degli strumenti e dei dispositivi sperimentali usati a quell'epoca per quelle ricerche sui neutroni, i cui risultati costituiscono una premessa essenziale dell'esperimento fatto a Chicago nel 1942. Come tutti potranno vedere, si tratta di piccoli, modesti strumenti che, se confrontati con le tecniche sperimentali attuali, ci appaiono quasi rudimentali.
È forse utile ricordare che a quell'epoca, al di fuori di un ristretto ambiente che si interessava a queste ricerche, si sentiva spesso dire che era un peccato che all'Istituto di Fisica dell'Università di Roma si concentrassero tutti gli sforzi su problemi di così poco interesse dal punto di vista applicativo. E questo giudizio negativo seguitò ad affiorare, di quando in quando, pure negli anni successivi ed anche ad alto livello, fino a quando le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki non rivelarono a tutto il mondo a quale grado di sviluppo fossero giunti gli studi e le applicazioni delle reazioni nucleari.

Questo tipo di errore non sarà oggi più commesso: tutti oggi hanno presente la rapidità con cui si svolgono questi cicli della storia, attraverso i quali si passa da modeste esperienze di laboratorio e dalla loro discussione critica, a grandiose realizzazioni industriali. Tutti oggi sanno come sia breve il passo dalla ricerca fondamentale alla ricerca applicata e come sia difficile cercare di fare previsioni di quale sia la via, fra le tante aperte alla curiosità e alla intraprendenza umana, che porterà, nel giro di pochi decenni, a risultati di importanza generale.
La successione delle seguenti date costituisce per noi tutti un ammonimento per il futuro: nel 1911 Rutherford dimostra l'esistenza del nucleo atomico e nel 1919 provoca la prima disintegrazione nucleare; nel 1932 Chadwick scopre il neutrone; negli anni successivi, Fermi e i suoi collaboratori contribuiscono, con le loro ricerche all'Istituto di Fisica dell' Università di Roma, alla scoperta di molte proprietà dei neutroni e del loro modo di interagire con la materia, le quali, insieme alla scoperta della fissione fatta da Hahn e Strassmann nel 1939, dovevano fornire le premesse indispensabili all'esperimento fatto a Chicago il 2 dicembre 1942: a solo trent'anni dal primo indizio della esistenza del nucleo e a dieci anni dalla scoperta del neutrone.
E per ciò che riguarda l'avvenire, purché venga evitata la via delle distruzioni, si può prevedere che in poco più di dieci anni le applicazioni pacifiche dell'energia nucleare avranno determinato modifiche sostanziali nelle condizioni di vita delle popolazioni.

 
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    • Edoardo Amaldi

    • Enrico Fermi, in basso a destra, ed Edoardo Amaldi, al centro a destra, con le rispettive famiglie. Credit: Archivio Amaldi, Dipartimento di Fisica, Università la Sapienza, Roma

    • Amaldi negli anni 70